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Contro i tumori al pancreas i risutati dell’Università di Padova

Secondo le stime, quest'anno sono attesi circa 13.700 nuovi casi di tumore al pancreas; un tumore in crescita soprattutto tra gli uomini. In Italia, dove si osserva una sopravvivenza più alta che nell’Europa settentrionale, il valore è pari all’8,1% a 5 anni (scende al 3% a 10 anni); peraltro senza differenze significative tra le diverse aree geografiche nazionali.
Il fattore di rischio più importante è il fumo di sigaretta; non vanno dimenticati: obesità, ridotta attività fisica, alto consumo di grassi saturi e scarsa assunzione di verdure e frutta fresca, consumo di alcool. Tra le malattie considerate a rischio, ricordiamo: la pancreatite cronica, il diabete mellito e la pregressa gastrectomia. Il 10% di questi pazienti ha una storia familiare: sindrome di Peutz-Jeghers, sindrome familiare con nevi atipici multipli e melanoma, mutazione germline del gene BRCA-2, pancreatite ereditaria e sindrome di Lynch, presenza di varianti dei loci genomici dei gruppi sanguigni AB0 (in particolare nei gruppi non 0)
Poichè non esistono esami di screening per una diagnosi precoce, il tumore del pancreas (malattia di solito per lungo tempo asintomatica), è diagnosticato in stadio iniziale, solo nel 7% dei casi. Non a caso meno del 20% dei pazienti può giovarsi di una chirurgia con intento “curativo”; anche se la sopravvivenza a 5 anni resta sempre molto bassa: intorno al 20%. La chemioterapia migliora la sopravvivenza globale, sopratutto nei pazienti sottoposti a chirurgia “curativa”. Purtroppo l’introduzione dei nuovi farmaci biologici nella malattia avanzata non ha determinato particolari vantaggi negli studi clinici di fase III.
L'Italia da qualche tempo sta portando avanti un'importante serie di studi, con risultati veramente interessanti
Ad aprile uno studio italo-tedesco coordinato dall’Università di Padova: un gruppo di ricercatori italiani (fra cui i professori Ildiko Szabo, Cristina Paradisi e Gianpietro Semenzato), con il contributo di Associazione italiana ricerca sul cancro, Ministero della pubblica istruzione e Regione Veneto, ha entusiasmato la comunità scientifica; titolo del lavoro: «Mitochondrial ion channel selectively kills tumor cells in vivo» e pubblicato sulla prestigiosa rivista Cancer Cell.

I risultati collegavano una particolare parte della cellula: il canale mitocondriale del potassio Kv1.3 (mitoKv1.3), alla regolazione dell'apoptosi, ovvero la loro spontanea auto-distruzione. Si parlò di una molecola in grado di attaccare e uccidere solamente le cellule tumorali, provocandone una sorta di cortociruito, senza toccare le cellule sane. Solo le cellule tumorali per così dire «impazzite», venivano stimotare ad attivare l'apoptosi.

Il passo successivo è stato quello di creare in laboratorio dei farmaci che sfruttassero questo principio. Sono stati così prodotti in laboratorio ben due nuovi derivati ​​mitocondriali (PAPTP e PCARBTP) di PAP-1, uno specifico inibitore della membrana-permeante Kv1.3; i risultati hanno dimostrato come entrambi i farmaci agissero su mitoKv1.3, fossero in grado di indurre l'apoptosi e riducessero la crescita tumorale in vivo senza influenzare i tessuti e le cellule sane.

Nell'ultimo articolo, pubblicato sulla rivista: "Frontiers in Oncology", i ricercatori hanno affrontato un altro tema: mitoKv1.3 contribuisce anche alla regolazione della proliferazione cellulare nei tumori del pancreas?
I risultati hanno dimostrato che entrambi i farmaci dei derivati ​​mitocondriali di PAP-1: PAPTP e PCARBTP, se utilizzati a basse concentrazioni, non compromettono la sopravvivenza cellulare, ma collegano il segnale del canale ionico mitocondriale a quelli a valle, che potrebbero essere importanti per la progressione del ciclo cellulare.

Il passaggio dal mondo della ricerca alla pratica clinica non sarà immediato. Le case farmaceutiche dovranno lavorare ancora molto, ma la strada è tracciata: le patologie tumorali avranno un nemico finalmente efficace.

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