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La storia della radioterapia nasce a cavaliere dell’ottocento. Eppure sono occorsi quasi 50 anni per arrivare alla moderna radioterapia. Negli ultimi 20 anni lo sviluppo tecnologico in campo radioterapico è stato enorme e molto rapido, potendosi avvalere dell'ausilio dell’informatica. La tecnica radioterapica usata dipende molto dalla tipologia di cellule che si vogliono trattare, dall'estensione e dalla localizzazione della massa tumorale, e dallo scopo che si vuole raggiungere. Negli anni sono stati sviluppati differenti tipi di radioterapia che si possonono ricondurre a due diversi approcci: la radioterapia a fasci esterni e la brachiterapia, mediante la quale sostanze radioattive vengono introdotte all'interno del corpo.

L’offerta tecnologica in radioterapia è in costante equilibrio tra appropriatezza clinica e utilizzo delle risorse. Alcune delle tecnologie impiegate in radioterapia hanno avuto scarsissimo sviluppo o uno sviluppo circoscritto nel tempo. Alcune di esse erano “molto promettenti” quando introdotte. Il progresso tecnologico ci offre oggi una serie di apparecchiature per radioterapia in diverse fasi di sviluppo e potenzialmente capaci di migliorare i risultati clinici rispetto agli standard attuali. Ancora pochi anni e sarà possibile mettere sui tumori una vera e propria etichetta, in modo da poterli bombardare in maniera sempre più efficace e senza colpire i tessuti sani. La rivoluzione avverrà grazie alle nanoparticelle, come hanno spiegato gli esperti riuniti a Barcellona per il congresso della European Society for Therapeutic Radiology and Oncology (Estro), le cui applicazioni stanno per passare dalla fase preclinica ai primi trial clinici. "Le applicazioni potenziali, attualmente studiate in fase preclinica, sono estremamente promettenti - ha affermato Tim Williams, presidente della American Society for Therapeutic Radiology and Oncology (Astro) - e al massimo in 5-10 anni cominceranno ad entrare negli ospedali". Le nanoparticelle sono degli agglomerati della grandezza dell'ordine dei milionesimi di millimetro a cui possono essere attaccate altre molecole, che permettono ad esempio di riconoscere e legarsi ai tumori o che sono veri e propri farmaci che vengono rilasciati 'a comandò. Una delle applicazioni principali è quella di amplificare gli effetti delle radiazioni una volta iniettate nei tumori o legate a loro per via chimica. I primi a condurre un trial clinico su nanoparticelle basate su molecole di Afnio, un metallo ad alto numero atomico, saranno i ricercatori francesi dell'Institut Gustave Roussy: "Questo metallo ha un'alta efficacia nell'amplificare gli effetti delle radiazioni - spiega Eric Deutsch - e una bassa tossicità. I test sugli animali hanno mostrato ottimi risultati, ed entro il 2011 vogliamo iniziare quelli clinici". In alcuni casi invece le nanoparticelle possono avere l'effetto opposto: alcune ricerche per ora solo sugli animali, ad esempio, hanno mostrato che questi agglomerati funzionalizzati con un farmaco adatto possono proteggere l'intestino dai danni dovuti alle radiazioni. In alcuni laboratori invece, come quello dell'università di Milwaukee, si stanno studiando nanoparticelle a forma di verme che circondano il tumore, delimitandolo e rendendolo più visibile per la radioterapia. "Uno dei problemi ancora da risolvere è capire bene le interazioni delle particelle con i sistemi biologici - conclude Williams - ma l'applicazione su larga scala è dietro l'angolo. In generale si sa che le nanoparticelle sono sicure per la salute, ma bisogna ancora valutare se restano tali quando sono funzionalizzate". Altro elemnto di spunto deriva dalla tecnologia dei satelliti alla robotica: tutto contribuisce alla caccia al tumore, che soprattutto in alcuni casi si sposta nell'organo colpito e rischia di essere marcato dalla radioterapia. Delle ultime innovazioni in questo campo si parla al congresso della European Society for Therapeutic Radiology and Oncology (Estro). "Il più grande avanzamento tecnologico attuale è che si possono ottimizzare le radiazioni in base alla condizione del paziente - spiega Vincenzo Valentini del policlinico Gemelli di Roma, presidente eletto di Estro - questo è possibile grazie a tecniche robotiche sofisticatissime. Il tumore della prostata, ad esempio, si sposta a seconda di quanto sono pieni la vescica o il retto. Le macchine disponibili oggi sono in grado di verificarne la posizione ogni giorno, con gli stessi algoritmi usati dai satelliti per triangolare le posizioni, e tramite un lettino robotizzato riescono a spostare il paziente di quelli pochi centimetri necessari a colpire il tumore". Oltre che nello spazio, ora si può capire anche l'evoluzione nel tempo del tumore: "Grazie all'imaging molecolare – continua l'esperto - la stessa macchina ogni giorno può controllare anche l'andamento biologico del tumore, e capire se ci sono aree più o meno sensibili alle radiazioni, dosando quindi il 'bombardamento".

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