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Tra le novità della tanto discussa manovra del governo Monti vi è la liberalizzazione del settore farmaceutico. La manovra ha proposto che i farmaci di fascia C distribuiti con ricetta medica possano ora essere venduti anche nelle parafarmacie e negli spazi ad hoc presso i supermercati. Questo permette di verificare la situazione del settore farmaceutico italiano, ma di cosa stiamo parlando? Trecentoquarantacinque imprese, concentrate in particolare in Lombardia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Abruzzo; 165 fabbriche, ovvero siti di produzione a elevato know-how; 66.700 occupati totali, in flessione negli ultimi anni: l’1,1% del manifatturiero e il 30% dell’occupazione hi-tech nazionale. E' l’identikit del settore farmaceutico illustrato la dal direttore generale del CensisGiuseppe Roma, in occasione del terzo evento organizzato dalla Menarini per celebrare il 125° anniversario dalla fondazione. Dallo studio emerge che l’industria farmaceutica italiana - settore all’avanguardia e ad alta intensità tecnologica - è seconda in Europa dopo la Germania per capacità produttiva: dotata di grandi potenzialità di crescita ma gravata da elementi di rischio tristemente noti: il taglio dei prezzi dei prodotti farmaceutici, le scarse risorse di finanza pubblica destinate alla spesa farmaceutica, la scarsa attenzione ai prodotti innovativi e i bassi investimenti pubblici che indeboliscono il settore nel suo complesso. Un appello diretto alla politiche è giunto da Carlo Colombini, direttore generale del manufacturing Menarini: «È necessaria una sana gestione della spesa farmaceutica - ha detto - che sappia trovare un equilibrio tra la riduzione della spesa e la difesa degli stabilimenti». «Tagli e riduzioni di costi penalizzano l’industria farmaceutica, il rischio è la delocalizzazione dei siti industriali e, di conseguenza, la perdita di posti di lavoro», ha con fermato Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria. «Bisogna uscire dal pregiudizio che induce a considerare il farmaco come un costo responsabile primario della spesa sanitaria pubblica, quando, in realtà, ne rappresenta soltanto il 16% - ha proseguito -. Questo 16% racchiude un valore industriale significativo che è rappresentato da 12,5 miliardi di euro ovvero il valore del settore in termini di tasse, stipendi, contributi, eccetera, a fronte di ricavi per l’industria di 12,3 miliardi di euro derivanti dalla spesa farmaceutica pubblica totale». «La produzione del farmaco, pari a 25 miliardi di euro, 14 dei quali verso l’export - ha concluso Scaccabarozzi - è viceversa un’eccellenza italiana, importante per la crescita del Paese».

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