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Nuovi sviluppi per l'adroterapia

Sono stati recentmenete pubblicati, i risultati di uno studio internazionale eseguito con la collaborazione dei ricercatori dei Laboratori nazionali del Sud dell’Infn (Istituto nazionale di Fisica nucleare) di Catania, dall'Istituto Eli-Beamlines di Praga (Repubblica Ceca), dalla Sezione Infn di Napoli e dal Centro nazionale Tifpa dell’Infn di Trento.

I risultati dimostrano che la reazione di fusione tra protone e boro 11 (p+11B) può essere efficacemente realizzata in cellule tumorali e potenzialmente adoperata nella cura dei tumori con fasci di protoni. Si tratta di una possibile evoluzione dell'adroterapia, che è stata chiamata: PBCT, acronimo di Proton Boron Capture Therapy, per aumentare l’efficacia biologica dei “proiettili” utilizzati per bombardare e distruggere le cellule tumorali.

L’adroterapia è una forma avanzata di radioterapia, che al posto dei raggi X e degli elettroni, utilizza fasci di protoni e ioni carbonio, più efficaci nel colpire i tumori che resistono alla tradizionale radioterapia e non sono operabili. Gli "Adroni" - usati nella terapia - sono nuclei di atomi che, portati ad alta energia da una potente macchina acceleratrice, sono lanciati come proiettili in grado di danneggiare tessuti malati in massima parte alla fine del loro corso nel corpo del paziente, in corrispondenza del tumore.

Il decreto sui LEA del 2017, prevedevano trattamenti di adroterapia (protoni e ioni carbonio) per dieci patologie tumorali. In tale occasione, l'allora presidente della Fondazione CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica), Erminio Borloni ebbe a dire che: “L’inserimento dell’adroterapia è un risultato importante perché mette a disposizione di tutti i cittadini una terapia avanzata sui cui l’Italia è all’avanguardia mondiale. Stimiamo che nel nostro Paese ci siano almeno 4500 pazienti oncologici ogni anno che necessitano dell’adroterapia come migliore risposta terapeutica alla loro malattia

Il decreto prevedeva i trattamenti di adroterapia (protoni e ioni carbonio) per dieci patologie tumorali: cordomi e condrosarcomi della base del cranio e del rachide, tumori del tronco encefalico e del midollo spinale, sarcomi del distretto cervico-cefalico, paraspinali, retroperitoneali e pelvici, sarcomi delle estremità resistenti alla radioterapia tradizionale (osteosarcoma, condrosarcoma), meningiomi intracranici in sedi critiche (stretta adiacenza alle vie ottiche e al tronco encefalico), tumori orbitari e periorbitari (ad esempio seni paranasali), incluso il melanoma oculare, carcinoma adenoideo-cistico delle ghiandole salivari, tumori solidi pediatrici, tumori in pazienti affetti da sindromi genetiche e malattie del collageno associate ad un’aumentata radiosensibilità, recidive che richiedono il ritrattamento in un’area già precedentemente sottoposta a radioterapia.

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