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Si stima che nel 2013, in Italia, siano stati diagnosticati oltre 350.000 nuovi casi di tumore (circa 1.000 al giorno), e circa 173.000 decessi. In totale, oltre 2.200.000 persone (più del 4% della popolazione), vivono con una diagnosi di tumore. Numeri che fanno impressione, ma che dimostrano sempre più come la parola tumore sia entrata nel lessico famigliare e rappresenti sempre meno un tabù.

Ma l'oncologia non può essere solo medicina: la ricerca del benessere deve andare oltre la terapia. L’introduzione di nuove terapie mirate e tecniche chirurgiche innovative, stanno decisamente aumentando il numero delle persone guarite e quindi anche la sopravvivenza globale. Non sempre tuttavia questi risultati hanno coinciso con un’adeguata qualità di vita dei pazienti oncologici. Il cittadino con una diagnosi oncologica deve però affrontare un percorso ospedaliero molto lungo e decisamente faticoso.

Come si pone l'oncologia del futuro in relazione alle mutate esigenze del paziente? Il percorso ospedaliero per il malato oncologico richiede nuovi modelli di integrazione multidisciplinare e organizzazione per intensità di cura.

Complice la crisi economica che ha attraversato anche e soprattutto il mondo della sanità, si è andato sempre più identificando un nuovo modello di cura oncologica ospedaliera che rispondesse principalmente ai criteri della spending review ma che coniugasse efficienza economica all'efficacia terapeutica.

L'assistenza sanitaria si sta evolvendo verso il modello di organizzazione per intensità di cura, ovvero un ospedale non più strutturato in unità operative distinte per patologia, ma organizzato in aree che aggregano i pazienti in base alla maggiore o minore gravità del caso e al conseguente livello di complessità assistenziale. Fin qui nulla di nuovo.

Questo nuovo modello di assistenza ospedaliera trasferito però in oncologia, non sarà un unico modello applicabile a tutti gli ospedali, ma piuttosto una serie di elementi modulari che dovranno adattarsi alle esigenze specifiche delle diverse realtà locali.

 I tumori infatti dimostrano variabilità oltre che per sesso ed età anche per territorialità.

Quindi: stesso tumore, stessa cura ma diverso impegno.

Questa considerazione sui diversi modelli assistenziali necessari a rendere sempre più umane le cure oncologiche, ne origina un’altra sul futuro del sistema sanitario del nostro Paese.
In una sanità sempre più governata dall’Economia piuttosto che dalla Salute, è necessario parlare di modelli organizzativi secondo complessità assistenziale.
L'organizzazione e lo svolgimento dell'attività di una struttura sanitaria, finalizzati alla responsabilizzazione ed alla partecipazione, nelle scelte strategiche e di gestione, di tutti i soggetti coinvolti nell'erogazione dei servizi oncologici, non dovranno più essere considerati secondo i classici criteri di intensità di cura, quanto piuttosto in modo da riuscire a ridefinire in maniera migliore i diversi ruoli di assistenza dei vari operatori.

Tutto questo al solo fine di lavorare insieme nell’interesse del paziente con l’obiettivo di offrire competenze più idonee per affrontare i problemi oncologici concomitanti che necessitano oggi più che mai di un controllo polispecialistico.



Questo tipo di approccio può essere utilizzato sia a livello di prevenzione, sia allo scopo di curare e limitare gli effetti collaterali di una terapia oncologia sul paziente, ma anche per scegliere gli esami medici da effettuare per rintracciare segni precoci di disturbi, per curare i pazienti oncologici, per definire follow-up e assistenza nel tempo. 


Anche le recenti ricerche in campo oncologico stanno procedendo in questa direzione come dimostrano le nuove tecnologie che sono in grado di ridurre significativamente i danni da chemioterapia nei pazienti che iniziano un trattamento medico.

E' di questi giorni la notizia che a Carpi nascerà un ambulatorio dedicato, di Cardioncologia prendendo come nuovo modello integrazione multidisciplinare.

Il futuro dell’oncologia vuole superare il semplice modello multidisciplinare nella cura del malato, ma cerca di poggiare sull’identificazione di veri e propri coordinatori di area che siano in grado di gestire un sistema sempre più complesso e che si muove intorno alla cura delle diverse tipologia di tumori tenendo sempre al centro la persona. 



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